Psicologia Infantile

TIPOLOGIA DEI DISTURBI EMOTIVI





Quando consideriamo i disturbi emotivi e comportamentali dell’età evolutiva può essere utile differenziarli in due ampie categorie. Una prima categoria riguarda i disturbi emotivi esteriorizzati. Come il termine può far supporre si tratta di disturbi nei quali il disagio del bambino si manifesta soprattutto verso l’esterno.  Essi si caratterizzano come tendenza ad esigere che i propri bisogni personali siano immediatamente soddisfatti e che abbiano la precedenza sui bisogni degli altri. E’ inoltre frequente il ricorso all’aggressività per conseguire i propri scopi, oppositività, tendenza alla trasgressione di norme sociali e a volte anche legali. Tipici disturbi esteriorizzati sono i disturbi della condotta e le sindromi ipercinetiche.
    L’altra categoria è costituita dai disturbi interiorizzati, caratterizzati da una sofferenza che è vissuta interiormente e che spesso passa inosservata ad un’osservazione superficiale. Tipici disturbi interiorizzati sono l’ansia e la depressione. E’ interessante notare che per quanto concerne le segnalazioni che gli insegnanti rivolgono ai servizi specialistici per alunni in difficoltà, esse riguardano quasi esclusivamente i disturbi di tipo esteriorizzato. E’ molto raro che un insegnante segnali ad uno psicologo o un neuropsichiatra infantile, bambini che hanno problemi di ansia o depressivi, in quanto si tratta di soggetti che di solito non disturbano e non creano problemi alla classe. Si tratta, in ultima analisi, di alunni che tendono ad isolarsi, a chiudersi in se stessi e che rimangono passivi e sottomessi nei confronti degli altri. In effetti un deficit nelle abilità relazionali è una costante di molti disturbi emotivi. Se il bambino è ansioso, ma ancor più se è depresso, manifesterà una certa inadeguatezza nel modo in cui si rapporta coi propri coetanei.
    Si è constatato che, la maggior parte dei disturbi emotivi, sono influenzati da alcune modalità distorte con cui il bambino o l’adolescente, rappresenta mentalmente se stesso, gli altri e il mondo. Si tratta della tendenza ad ingigantire gli aspetti negativi della realtà, ricorrendo a modalità di pensiero rigide e assolutistiche, ad esempio con un’eccessiva frequenza di termini quali sempre, mai, nessuno; oppure considerazioni del tipo “non me ne va bene una”, “tutti ce l’hanno con me”, “nessuno mi vuole bene”, “non ne faccio mai una buona”. La tendenza a categorizzare in modo estremo influisce negativamente sull’umore e quando si consolida, diventano il modo abituale di considerare se stessi, gli altri e il modo, può condurre a disturbi emozionali quali ansia e depressione.
    Per molto tempo una parte della psicologia ha cercato di spiegare le cause del disagio emotivo, andando alla ricerca di ipotetiche cause nascoste, negando gli aspetti più ovvi del comportamento e delle emozioni. Per cui, se un bambino manifestava rabbia, voleva dire che era angosciato, se appariva depresso significava che era arrabbiato con se stesso.
ATTRATTI DAL FASCINO DELL’OCCULTO E DEL MISTERIOSO MOLTI PSICOLOGI HANNO NEGATO ALL’INDIVIDUO LA SUA STORIA PERSONALE PERDENDOSI NEI MEANDRI DI UN IPOTETICO INCONSCIO.
    Purtroppo  questa è la linea teorica che ha la tendenza, ancora, a prevalere.
    I più recenti contributi nella prospettiva cognitivo comportamentale e di analisi transazionale, hanno evidenziato che i meccanismi psichici che governano le reazioni emotive sono da identificare come meccanismi cognitivi e di copione, cioè modalità di pensiero, rappresentazioni mentali, convinzioni e svalutazioni di sé e degli altri. Ed è proprio aiutando il bambino a correggere gli errori presenti nel suo modo di rappresentarsi la realtà che possiamo metterlo in grado di superare emozioni spiacevoli. In pratica, per toccare il cuore del bambino, abbiamo da passare per la sua mente, aiutandolo a cambiare gli elementi disfunzionali del suo dialogo interno. Dentro la nostra mente parliamo in continuazione a noi stessi, sia che ne siamo consapevoli, sia che non lo siamo. Quando non ne siamo consapevoli, non è che questi meccanismi siano inconsci, ma semplicemente non siamo abituati ad ascoltare la nostra mente. Si è visto che se un bambino è allenato fin da piccolo con apposite procedure, può essere in grado di ascoltare se stesso e di essere cosciente di quali sono i contenuti mentali che influenzano il suo stato emotivo.
    Per questo, la maggior parte dei programmi di prevenzione messi a punto in questi ultimi dieci anni, prendono in considerazione il rapporto inscindibile tra pensiero ed emozione. L’educazione alle emozioni muove, appunto, dalla constatazione che è possibile favorire il benessere emotivo del bambino, insegnandogli, quanto prima possibile, a pensare in modo funzionale.

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